Georges Noël. La nuit s’agite, catalogo, Galleria Peccolo, Livorno, ottobre 2000

“Cos’è lo spazio? Sono piccole strade per passare”, scriveva Gastone Novelli. Georges Noël è la dimostrazione che questo passare può farsi viaggio lungo, nomade (viaggiare, non darsi una meta), alla ricerca solare d’un senso, del fare e dell’immagine, di lancinante ma non dolorosa pienezza e consapevolezza.

Quattro decenni e più sono trascorsi dai suoi primi Palimpsestes, tramature fitte d’un segnare che decideva la cadenza dell’immagine, e così il suo carattere, prendendo ad auscultare le movenze e i crampi, le pulsazioni della mente e del gesto, il valore arbitrario e quello necessario dello svolgimento, dell’interno ordine possibile, del disordine necessario.

Era, allora, l’antico segno automatico di retaggio surreale che diveniva padrone di sé, senza accettare tuttavia eteronomie non più credute. Guardava, ma per triangolazione problematica, a universi altri del segno, i glifi preistorici e le scritture ideografiche (significato apparenza pagina è la triade alla quale Noël, e con lui altri autori di quella stagione straordinaria, guardano, sia pure come materia d’un operare di criticistica remise en question), a quella che René de Solier diceva “biologia dell’atto di scrivere, dipingere, disegnare”, ma senza ulteriori menzognere retoriche di gesto; così come a quella “radiante logica del pensiero prealfabetico” (secondo la sintesi di  Leroi-Gourhan) che era, antropologicamente ma, più, filosoficamente, un autentico grado zero dal quale muovere i propri corsi.

Noel, Palimpseste arraché, 1959

Noel, Palimpseste arraché, 1959

Negli anni Noël ha lavorato per seriazioni fitte, sempre amplificando la portata della sua investigativa docta ignorantia, agitando un filtro intellettuale agguerrito su un operare fatto di atti e respirazioni in perfetta identificazione con i flussi del proprio corpo/cervello (e, sia consentita l’allusione a Michaux, del cervello/sesso).

Ha immesso plurimi sistemi di segno, ma per ragionare sulla nozione e sulle clausole stesse di sistema (con Lacan: “un crittogramma assume tutte le sue dimensioni solo quando è quello di una lingua perduta”), e per produrre collisioni fervide di consapevolezza ulteriore.

Ha lavorato, soprattutto, a ristabilire il valore dello spazio come luogo: non il “luogo buono” d’una tradizione raziocinante, ma quello avventuroso (“L’arte è un’avventura pericolosa”, gli ricorda Malraux in un’antica intervista) del sé che si conosce e riconosce nello scambio con non sempre scrutabili segni esterni, con un intorno insieme ostile, resistente, ma allo stesso tempo ricettore d’un segnare che è porre differenziali, artifici fondativi, che è stabilire dimora. Uno spazio che da mentale, tutto sommato comunque analogico, si è fatto nel tempo spazio in toto fisico, porzione d’esperienza concreta e storica che ha chiesto all’artista di mettere in gioco, avventura estrema, la totalità del proprio essere/pensare/agire.

E’ un luogo che si determina ritrovando il lògos connaturato alla cadenza, come nella serie Codice, su su sino sino a Grand computer total général e a Bird walker; oppure lasciando effondere il valore magico, di remitizzazione, del segno e della forma, da Magie fortifiée a Cosmogonie lunaire, passando per la struttura decorativa di culture extraeuropee, i popoli del deserto come i nativi Americani; oppure tramando mappe, da Villa Adrienne a Dans un jardin zen; oppure ancora operando per stratificazione scrutinante di gradi diversi del nostro pensiero d’immagine: “Il collage è il mio medium… Ho cominciato sovrapponendo materiali, poi ho sovrapposto segni, poi forme”.

Noël ha manipolato segni così come materie, la carta desiderante così come l’argilla biblica (“io sono l’argilla” si legge nel Libro), il legno e il ferro; e colori. Nella sua tensione prevalentemente espressiva, laddove per l’artista esprimere implica una violazione aggressiva – ancorché amorevole – di statuti, e un processo in cui la padronanza è fattore solo preventivo, per divenire consapevolezza dopo la cecità della fase cruciale del fare; il colore lievita una sua tutta propria congeneità al segno: è carattere, comportamento, temperatura, suono dello spazio: è spazio.

Mai la sua superficie è bianca, o all’opposto nera, in funzione d’implausibili castità e filigrane di spazio teorico. La blankness unica che interessa Noël è lo zero mentale dal quale il suo corso ogni volta si diparte, e al quale sempre guarda come a un azimut.

Affascinato anch’egli, ai suoi inizi, dalla “poetica del muro”, ovvero dalla determinazione d’una porzione di spazio vera e fisicamente esperibile, un hic et nunc spaziale sottratto ad ogni analogia, da quelle consistenze scabrose e sottilmente irritate d’intonaco – e altre volte era la confidenza compatta della carta – egli ha mosso per distillare una sorta di fisicità autre, ma non meno concreta, dell’immagine, in cui il colore agisse e agisca da matière première in plurimo, radiante senso.

Tale colore, per questa ragione dalle tonalità tangenti a quelle del naturale, bruni e ocre e verdi e celesti…, ha assunto con maggior frequenza, sino a farsi responsabile d’una vera e propria serie, tonalità più slontananti e meditative. In termini cronologici, e di palette,  da legni come Wings e Un coup de dés, nei primi anni Ottanta; in termini di spinta poetica e fantasticante da Cosmic Map, all’aprirsi del decennio trascorso; da quelle aperture, sempre più Noël è andato affidando il carattere e la qualità dell’immagine a scambi cromatici notturni, ad atmosfere in cui le tracce chiare appaiano – e forse sono state, talora – il primo dirsi della luce all’orizzonte di deserto e di mare.

Cercatore di spazi, cercatore di “piccole strade per passare”, Noël ha alzato gli occhi, come il Caldeo, come gli uomini tutti di sapienza: Le ciel bascule, La nuit s’agite. Altre mappe, altri tracciati, altri miti di fondazione dello spazio, nel dyplon assoluto di cielo e terra, ha scorto questi cieli estranei: altre mappe, anche, d’un sempre più ambizioso, e per questo sfrenato, ingaggiare lo spazio di fuori con lo spazio dell’anima. Ancora, Noël è in viaggio, all’avventura.