Cicerone, Contro Verre II, IV, 59,131 – 60,135

Che dunque? Pensate forse che i Siracusani fossero poco addo­lorati? Non è così, o giudici, prima di tutto per il sentimento re­ligioso e per la convinzione di dover conservare e venerare con cura gli dei patri, avuti in retaggio dagli antenati, inoltre quegli orna­menti, queste opere d’arte e queste statue e i quadri dipinti piac­ciono immensamente agli uomini greci. Perciò dalle loro lamentele possiamo comprendere che per essi sono acerbissime queste spoliazioni di opere d’arte che a noi forse possono sembrare leg­gere e trascurabili. Credetemi, o giudici, poiché son sicuro che voi stessi avete certo sentito queste stesse cose, sebbene gli alleati e le nazioni straniere abbiano subito in questi anni molte disgrazie e ingiurie, i Greci niente li ferirà più e niente sopportano più gravemente di queste spoliazioni di templi e di città. Può ben dire costui, come suole ripetere, credetemi, o giudici, di aver acquistato. Nes­suna città di tutta l’Asia e di tutta la Grecia ha mai venduto ad alcuno di propria volontà nessuna statua, nessun quadro, nessun ornamento pubblico…

Invero i Greci hanno una straordinaria passione per queste cose che noi disprezziamo. Perciò i nostri avi permettevano facil­mente che questi oggetti rimanessero in gran numero presso di loro, presso gli alleati, affinché sotto il nostro governo potessero vivere nel modo più decoroso e più florido; anche a quelli sottoposti a tributi di terra e di denaro lasciarono questi oggetti affinché aves­sero come piacere e conforto nella servitù quelle frivolezze. Qual prezzo credete che i Reggini, che già sono cittadini romani, richie­derebbero per lasciarsi portar via quella famosa Venere marmorea? Quale i Tarantini per perdere l’Europa sul toro o il satiro che han­no nel tempio di Vesta o le altre opere? Quale i Tespiesi per la statua di Eros, per cui soltanto si va a visitare Tespie? Quale gli Cnidi per la Venere marmorea, quale i Coi per quella dipinta, quale gli Efesii per l’Alessandro, quale i Cizicesi per l’Aiace o la Medea, quale i Rodi per l’Ialiso, quale gli Ateniesi per l’Iacco di marmo o per la nave Paralia dipinta, o per la vacca bronzea di Mirone? Troppo lungo e non necessario sarebbe ricordare tutte quelle opere che sono da ammirare in tutta l’Asia e la Grecia, invero io enumero queste perché voglio che vi rendiate conto di quale dolore ricevano coloro dalle cui città vengano asportate.