“Fabulous Ambroise”. Ambroise Vollard e il livre de peintre
“Fabulous Ambroise”. Ambroise Vollard e il livre de peintre, in “FMR”, 24, 2008
Nel 1936 Ambroise Vollard visita a New York una mostra di Cézanne. In quella occasione il “New Yorker” titola Fabulous Ambroise, come ratificando definitivamente ciò che, nelle parole recenti di Jean-Paul Morel in C’etait Ambroise Vollard, suona così: “Ambroise Vollard, tant par le choix de ses peintres que par le type de rapport qu’il établit avec eux, nous semble bien être le premier marchand de tableaux moderne”.

Bonnard, Parallelèment di Verlaine, 1900
La valutazione è forse un po’ troppo entusiasta, se si considera la contemporanea attività, in ambito parigino, di figure come Georges Petit, Paul Durand-Ruel e Alexandre Bernheim, e l’apertura di poco successiva della galleria di Daniel-Henry Kahnweiler.
Vollard non fa scommesse economiche estreme come Durand-Ruel, pioniere del mercato statunitense, né, come Kahnweiler, impone contratti vincolanti agli artisti, come il primo firmato da Pablo Picasso, che recita: “Prometto di non vendere nulla a nessuno tranne che a te […] Prometto di venderti a prezzi fissi la mia intera produzione di dipinti, tenendo per me un massimo di cinque quadri all’anno. Resta inteso che in questi tre anni non avrò il diritto di vendere i quadri che tengo per me”. Men che meno ha l’allure mondana di Petit, al quale si deve l’invenzione dell’avanguardia come rituale mondano, tanto da ispirare il mercante speculatore Naudet ne L’oeuvre di Zola: è lui a intuire che dell’art-en-train-de-se-faire, invisa alla buona società, ciò che si deve vendere non sono degli oggetti, ma delle opinioni (aggiungerà anni dopo Picasso: delle mitologie). Egli sa che la strategia più efficace è rendere attraente la nuova intellettualità nei confronti del tout-Paris mondano e snob, quello dei dandies e del loro entourage. Il lusso della sede e degli arredi, l’estenuata eleganza esibita da Petit nell’abbigliamento e nei comportamenti, la pubblicità data al fatto di ricorrere al sostegno della grande finanza per le sue imprese economiche, mirano a centrare l’obiettivo che egli sa primario, vendere cioè lo scandalo dell’avanguardia in luogo di convincere della qualità dell’arte. Da Petit si incontrano la contessa Greffuhle (secondo alcuni, un modello per la Guermantes di Proust) e il principe di Wagram, il conte Kessler e il conte Doria (il quale, per vero, passerà alla storia per aver acquistato alla mostra impressionista di Nadar La maison du pendu di Cézanne per 200 franchi), donne del bel mondo come Sarah Bernhardt e Misia Sert, e le bellissime anonime del demi-monde che i Goncourt racchiudono nella definizione “le Louvre du cul”. E’ la teoria di Veblen fatta arte e mondanità, è con strepitosa precocità “conspicuous consumption” nella declinazione capitalistica.
Vollard non è così. Ha una corporatura gigantesca ma, scrive André Suarès, è “un géant mou”, che Gertrude Stein evoca come “un grand homme noir, plein de mélancolie”, aggiungendo che “quand il était vraiment maussade, il appuyait sa lourde silhouette contre la porte vitrée de son magasin, qui donnait sur la rue; étendant ses bras au-dessus de sa tête, il accrochait ses mains aux deux coins supérieurs du chambranle et il fixait la rue de ses yeux sombres. Alors personne ne songeait à essayer de pénétrer chez lui”.
E’ sonnacchioso, tanto da aver fatto sospettare agli studiosi una forma di ipersonnia patologica. Egli stesso nei suoi Souvenirs d’un marchand de tableaux sottolinea con calcolata civetteria: “tout ce que je dois à mon invincible propension au sommeil. Maintes fois, l’amateur entrant dans ma boutique, m’y trouvait assoupi. Je l’écoutais, encore à moitié endormi, dodelinant de la tête en essayant péniblement de répondre. Le client prenant pour un refus mon inintelligible ronronnement, augmentait progressivement son offre. De telle sorte que, quand j’étais à peu près réveillé, mon tableau avait obtenu une appréciable hausse. C’est le cas de dire que la fortune vient en dormant”.
Non ha il fisico del ruolo, non è brillante, non è mondano, ma possiede il genio dell’arte, la comprende al di là del mero calcolo economico, lavorando con gli artisti piuttosto che su di essi. Nato nell’isola di St. Denis de La Réunion, colonia francese, dopo studi di giurisprudenza Vollard si trasferisce a Parigi: tra la rue des Apennins, la prima casa parigina, e la rue Laffitte si svolge negli anni la sua attività di mercante, di editore, di scrittore. Il primo acquisto da mercante di quadri è un’opera di Camillo Innocenti il quale lo presenta ad Alphonse Dumas, pittore dilettante che opera come intermediario d’arte. Vollard comincia a lavorare per la bottega di Dumas, dove impara i rudimenti del commercio d’arte.

Séguin, Gaspard de la nuit di Bertrand, 1911
Quando l’opera di Cézanne è ben lungi dall’essere compresa, Vollard ne incontra un’opera nella bottega di un piccolo ora mitico negoziante di colori, père Tanguy, nella rue Clauzel. Vollard intuisce sin d’allora la grandezza dell’artista, che non espone a Parigi dal 1877, e ne diviene il mercante. Nel 1895, in uno spazio angusto al 39 della rue Laffitte, nel IX arrondissement, Vollard inaugura due mostre, una di van Gogh e l’altra di Cézanne, senza peraltro destare alcun interesse nel pubblico. Le personali di van Gogh e di Cézanne del 1895, quelle di Gauguin nel 1898 e di Picasso nel 1901 sono capisaldi dell’arte moderna. Ma Vollard comprende soprattutto che l’incisione e l’arte a stampa, che il libro inteso come opera d’arte, o meglio, che l’opera d’arte in forma di libro, diffondono un gusto e un’opinione radicandoli, fanno cultura e non moda, creano un territorio magico del collezionismo che nessuna speculazione potrà mai penetrare. Esattamente come quel suo mantenere la galleria in sprezzato disordine, senza messinscena, senza offerta dell’opera. Amare l’arte è fatto di segrete condivisioni e scoperte. E’ un fatto individuale, un vizio privato. Come sfogliare un libro carezzandolo. Tutti i nevrotici dell’economia dell’arte gli riconoscono di aver comprato Cézanne a 200 franchi negli anni Novanta, incassando trent’anni dopo 200.000 franchi per una Montagne Sainte-Victoire e oltre un milione da Barnes per i Joueurs de cartes. Ma scordano di dire che il suo Paul Cézanne, pubblicato nel 1914 e tradotto in molte lingue, è uno dei libri su un artista più belli e commoventi del secolo, e che, come voleva Richard Baxter, “se scelti con cura, i libri possono rivelarsi potenti sermoni.”
Scrive François Chapon in Le peintre et le livre a proposito di Ambroise Vollard e dei suoi colleghi – Kahnweiler soprattutto – nella grande Parigi novecentesca: “va a onore di alcuni di questi editori-mercanti di aver compreso che alla fine del XIX secolo l’evoluzione della pittura non si poteva fare senza quella della poesia e di aver permesso a questi due modi di espressione di manifestarsi in un approccio più stretto…”. Grande passione di Vollard sono le stampe e la sua grande ambizione è di arrivare a pubblicare incisioni che siano opera originale di pittori, non degli allora ben più diffusi incisori di professione. Nel 1896 Cézanne con due Bagnanti, Bonnard con La piccola lavandaia e Canottaggio, Vuillard con Giardino delle Tuileries e Giochi infantili, Denis con L’apparizione, Sisley con Le Oche, Toulouse-Lautrec con Charrette anglaise ed altri danno vita alla raccolta Les peintres-graveurs, di cui vengono realizzati due album in cento esemplari ciascuno. Il titolo guarda alla storia, alla monumentale opera Le Peintre-Graveur che Adam Bartsch, conservatore presso il Gabinetto imperiale delle stampe di Vienna, pubblicò in ventuno volumi tra il 1803 e il 1821, catalogando nel modo più completo possibile tutte le incisioni italiane, tedesche, olandesi, dalle origini dell’arte della stampa sino all’inizio del XVIII secolo.

Bernard, Oeuvres de Fracois Villon, 1918
E’, insieme, il richiamo alla grande tradizione, e l’annuncio della possibilità di rinnovare i fasti dell’incontro tra grande artista e libro che era stato dei secoli d’oro. La novità del coinvolgimento diretto degli artisti si fa strada in seguito con Bonnard, che realizza l’album di litografie a colori Vues de Paris, Vuillard, Denis, Redon, Renoir. Vollard racconta nei Souvenirs delle sue passeggiate sui Lungosenna e delle soste presso i bouquinistes alla ricerca di libri e stampe. Un giorno è un semplice frontespizio a colpirlo: “Ambroise Firmin-Didot, éditeur”. Da questa illuminazione nasce l’idea di “Ambroise Vollard éditeur” e l’inizio di una nuova attività che lo porta a fondare l’arte del livre de peintre.
Unire la creazione libera dell’artista alla propria, collaborare solidalmente all’impresa complessa in cui pittura e grafica, tipografia e legatoria divengono un unicum inscindibile, è porre l’artista in una dimensione nuova, inedita, che riprende il clima dell’antica bottega rinascimentale in cui abilità diverse concorrono a un unico risultato. Vollard diviene il caposcuola di questa vicenda esattamente nel 1900, quando pubblica Parallèlement, raccolta di poesie di Paul Verlaine illustrate da Pierre Bonnard. “E’ più difficile concepire un libro che costruire tutto un quartiere o delle intere città come New York, Chicago o Philadelphia”, testimonia Vollard, che dal 1900 al 1939 si dedica principalmente alla produzione di opere d’arte in forma di libro. Egli sceglie per le sue realizzazioni i grandi classici e pubblica Omero, Virgilio, Esiodo; tra i francesi sceglie quelli meno lontani dalla classicità, La Fontaine e Baudelaire. I soli poemi contemporanei da lui pubblicati sono quelli di Verlaine, Parallèlement, Sagesse, Fêtes galantes, con illustrazioni di Bonnard, Denis e Laprade. Nel 1901 Vollard incontra Picasso, arrivato di fresco dalla Spagna e abilissimo incisore, oltre che sperimentatore di tecniche grafiche inedite. Oltre alla mostra che ne segna il debutto parigino, Picasso realizzerà per lui tra il 1930 e il 1937 un centinaio di acqueforti, divenute leggendarie con il titolo di Suite Vollard.
Il primo periodo della produzione di Vollard è legato ai Nabis, come Bonnard, Denis, Séguin: i Nabis mirano, tra l’altro, a ricreare una stretta collaborazione tra artisti e letterati sulle pagine della “Revue blanche”, e l’incontro è dunque tra spiriti affini.

Vollard, Père Ubu à la guerre, 1923
La prima opera pubblicata da Vollard è dunque Parallèlement, raccolta di poesie di Paul Verlaine, considerato allora il più grande poeta vivente insieme a Mallarmé, con litografie di Pierre Bonnard tirate con inchiostri colorati da Auguste Clot. L’ottocentesca tecnica della litografia è raramente usata per illustrare i testi dall’arte d’avanguardia, ma Vollard la sceglie, controcorrente rispetto al gusto, proprio per le sue intrinseche qualità pittoriche. Oltre che essere incompreso artisticamente, il libro incorre nei fulmini della giustizia perché giudicato immorale e Vollard deve ritirare quasi tutte le copie. Nel 1902 Vollard edita Daphnis et Chloé, pastorale dello scrittore greco ellenistico Longo Sofista, ancora con litografie di Bonnard. Nello stesso tempo lavora con Auguste Rodin a Le jardin des supplices di Octave Mirbeau, con venti litografie tratte da disegni dello scultore trasportati sulla pietra da Clot. Il libro non viene accettato dagli stampatori per ragioni morali e alla fine è tirato da Philippe Renouard. Vollard si rivolge anche alla xilografia con Imitation de Jésus-Christ di Thomas da Kempis, 1903, con 216 xilografie disegnate da Maurice Denis e intagliate da più di settanta incisori del Syndicat des graveurs sur bois diretti da Tony Beltrand, il primo esemplare del quale destina a Leone XIII. Dopo Gaspard de la Nuit di Louis Bertrand, illustrato da 230 xilografie di Armand Séguin, nel 1911 esce Sagesse di Verlaine con settantadue xilografie a colori e in bianco e nero di Maurice Denis.
Nel tempo della prima guerra mondiale Vollard pubblica tre opere: Les amours de Pierre de Ronsard, nel 1915, Les fleurs du mal di Baudelaire, nel 1916, le Oeuvres de maistre François Villon, nel 1918, tutte illustrate da Emile Bernard: la prima con acqueforti e xilografie, la seconda con 354 xilografie, e la terza con 312 xilografie stampate in nero e rosso. Bernard, amico di Gauguin, lavorerà anche a Les petites fleurs de Saint François, nel 1928, e all’Odyssée nel 1930.
Nel 1928 escono Fêtes galantes di Verlaine con acqueforti di Pierre Laprade che, inscritte in medaglioni, occupano quasi per intero le pagine iniziali di ciascuna poesia senza pesare sui versi rari stampati in basso in caratteri Garamond.

Rouault, Cirque de l'étolie filante, 1938
Degli illustratori del primo periodo il più illustre, Bonnard, continua a portare il suo contributo con l’illustrazione di Dingo di Octave Mirbeau, edito nel 1924; nel 1930 ancora Bonnard illustra l’opera dello stesso Vollard Sainte Monique con ventinove litografie, diciassette acqueforti e 178 xilografie. Nel 1930 appare La belle-enfant ou L’amour à quarante ans di Eugène Montfort con acqueforti di Raoul Dufy: i numerosi frontespizi, le tavole fuori testo e i culs-de-lampe testimoniano il notevole impegno inventivo di Dufy.
Le chef d’oeuvre inconnu di Honoré de Balzac è uno dei capolavori della storia di Vollard: realizzato con acqueforti e legni di Picasso, è edito nel 1931. La vicenda del rapporto ossessivo sino alla follida del pittore con la modella diventa, in Picasso, una sorta di monumento visivo all’idea stessa di pittura. Tra il 1934 e il 1936 Vollard realizza tre libri con illustrazioni di Edgar Degas a partire dai monotipi che l’artista eseguiva di solito dopo pranzo dallo stampatore Cadart e che definiva “i piatti del giorno”: sono La maison Tellier di Maupassant, Mîmes des courtisanes de Lucien di Pierre Louÿs e Degas/danse/dessin di Paul Valéry. L’incisore Maurice Potin lavora ben sei anni per tradurre in acquetinte a colori e in bianco e nero quei raffinati “piatti del giorno”.
Nel 1938 e nel 1939 escono le due ultime opere stampate da Vollard, che scompare proprio nel 1939: Cirque de l’étoile filante e Passion, il primo illustrato da Georges Rouault, che è anche autore del testo, con acquetinte a colori e ottantadue disegni tradotti in xilografia da Georges Aubert, il secondo frutto della collaborazione tra André Suarès e lo stesso Rouault, con quaranta grandi soggetti, tavole all’acquatinta e ottanta xilografie intagliate da Georges Aubert da disegni dell’artista.
Vollard sin dal 1923 aveva dato incarico a Marc Chagall di illustrare Les âmes mortes di Gogol e, dal 1927, Les fables di La Fontaine. I due libri furono editi dopo la morte di Vollard, Les âmes mortes nel 1947 e Les fables nel 1952, da Tériade, altro genio del libro come opera d’arte. Alcune opere importanti, già progettate da Vollard, sono portate invece a compimento da Martin Fabiani, suo socio e successore: la principale è Picasso: eaux-fortes originales pour des textes de Buffon, uscito nel 1942.