Icaro. Un gioco di sottrazioni, in “Alfabeta”, 78, Milano, novembre 1985

La scultura di Paolo Icaro si offre alla riflessione d’oggi come al raggiungimento, alla resa coerente di un lavoro condotto su nodi di alto e rarefatto quoziente problematico.

Icaro, In between, 1983

Icaro, In between, 1983

Non chiede sguardi eccitati, ra­pimenti sensibîli. Assorbe l’impat­to dell’occhio senza contrapporgli la propria evidenza, e invece un gioco continuo di sottrazioni, rallentamenti, scarti di senso, fino a condurre la lettura lungo il crinale raro che corre tra percezione e mentalizzazione, fatto solo di av­vertimenti complessi.

È scultura non di forme, struttu­re, dimostrazioni, d’immagini infi­ne. Produce luoghi, dimore nel senso heideggeriano di qualità spaziali: comportamenti, dunque, d’una materia complice solo dell’energia mentale. Il gesso, compagno prediletto d’esperienza, è scelto per ciò, in quanto materiale proprio e teorico insieme, e dotato d’una memoria storica non incrostata di sedimen­ti. Esso, con le sue elementari vocazioni – la molecola, la barra, la nicchia… – si rende costitutivo di situazioni spaziali i cui dati, dispo­sizione, relazione, misura, lo stes­so prender forma, si danno di per sé, concepibili ma radicalmente irrelabili. È lo spazio stesso che prende a essere, insomma, a ridos­so del vuoto.

Se per De Kooning e la sua ge­nerazione l’estensione tra gli estremi delle braccia è la porzione d’esperienza umana, emotiva, concreta, per Icaro, cresciuto nel clima fervido dei primi anni ‘60, è la postulazione dei due punti fon­dativi a partire da cui tutta l’espe­rienza può darsi, ed essere pensa­ta, in termini di essere dello spazio ed essere nello spazio.

Icaro, Tipico, classico, stiacciato, 1985

Icaro, Tipico, classico, stiacciato, 1985

Chi ricordi la serie importante dei lavori passati – Autobiografia, Luogo della linea, Head piece, On a stone – s’accorgerà che essi sono leggibili non come freddo esercizio analitico e concettuale su un lògos da snudare, e invece co­me una sorta di catalogo prelimi­nare dei “numeri primi” con cui esplorare il proprio individualissi­mo abitare, vivere lo spazio, in cui ragione e istinto, fantasticheria e banalità, non s’organizzino in ge­rarchia né siano censurati, ma si riconoscano a fondo, ritrovino il proprio stato di necessità.