Hsiao. Passaggio alla grande soglia, Edizioni L’Agrifoglio, Milano 1992

Il ciclo di dipinti di Hsiao pubblicati in questa occasione ben conferma l’identità, insieme agguerrita e lieve, che il suo lavoro ha consolidato in questi anni italiani.

Hsiao, Passaggio alla grande soglia 124, 1992

Hsiao, Passaggio alla grande soglia 124, 1992

Verdi rossi celesti blu gialli arancio, in stesure larghe e cantabili, alle soglie del risucchio simbolico ma ancora evidenti e propri come tarsie d’una araldica incantata, ci dicono d’un penser couleur che mai, in Hsiao, si è tradotto in analitica esercitata, e sempre ha gravitato attorno al nucleo affettivo, di puro momento poetico, dell’invenzione.

Hanno una storia lunga, dietro di sé, queste immagini potenti e felici. È la storia d’una cultura orientale che, trapiantandosi, non s’è raggelata in folklorismo nostalgico e anzi s’è fortificata per decantazione, preservando non stilemi ma attitudini, e un’anima. Questo dice la certezza serena del gesto, la sua concentrata souplesse; questo, soprattutto, mostra il risolversi del colore in pura evidenza, privo di resistenze materiche: come alitante, pulsante, figlio e a sua volta interprete d’una respirazione che, per Hsiao, vale come fondamento disciplinare ineludibile, ed esito necessario.

Ed è la storia d’una precisa vocazione specchiata nella cultura occidentale, tra l’Europa d’adozione e l’America di talune sue esperienze importanti. È Matisse, in primo luogo, ad agire come lievito problematico e come fascinazione primaria alle radici della sua pittura: che significa cadenza decorativa dell’immagine, strepito cromatico fino al fasto della saturazione sensibile, e quella “luce interna” senza cui anche il colore di Hsiao non potrebbe dirsi così com’è. Ed è la lezione grande della pittura della “generazione eroica” statunitense, che a sua volta proprio dalla intuizione folgorante di Matisse prese le mosse: dico certo Hofmann e Rothko, Stamos e Gottlieb, Morris Louis e il genio algido di Newman, fino alle maestrie più segrete d’un Avery, d’un Diebenkorn.

Cercando il suo personale “mondo fluttuante”, un clima d’anima e di visione anzitutto, Hsiao ha riletto quelle vicende come straniandone i cromosomi, forte d’una indipendenza culturale di piena consapevolezza. Anche per ciò, d’altronde, meno forte ha avvertito la pressione delle parallele esperienze europee. Questo suo corso, segnato da molte mostre importanti nella “sua” Milano, giunge ora a una sorta di maturazione definitiva: in cui quei modelli, e riferimenti, e umori, si sono riassorbiti perfettamente in una sorta di genetica dell’immagine veloce e tersa, che ne conosce la plenitudine senza scontarne la grevità, in una sorta di stato di grazia naturale, essenziale, sonante. Sono immagini, anche, dotate d’una propria fisiologica grandeur, senza che ciò comporti arroganze o ipertrofismi stilistici o modali. Esse, per una delle mille vie sotterranee che solo all’arte sono consentite, rammentano un’altra serie straordinaria di Hsiao che, molti anni fa, mi accadde d’amare molto. Erano fogli di deliberata poggiatura alla tradizione orientale, che ripensavano le “monete dei morti”. Là, nell’assunzione retorica esplicita, nella concentrazione quasi in palmo di mano dell’immagine, erano già le premesse definite delle pitture odierne: una padronanza naturale dello spazio, dell’interno organismo della forma; e soprattutto un pensiero sottile, un frammento mormorante, come rattratto, eppure di clamorosa evidenza.

Hsiao, Passaggio alla grande soglia 72, 1991

Hsiao, Passaggio alla grande soglia 72, 1991

Tanto consapevole di sé, da aprirsi anche a un’esperienza sinora inedita, per l’artista, la pratica plastica. Hsiao ha affrontato la ceramica, la consistenza brusca ma confidente della terra, rispettandone la vocazione materiale opaca e insieme imprimendole una sorta di accelerazione formale grazie ai tracciati iterativi, come ordinate irritazioni superficiali, che è come inneschino un moto genetico di formazione, una volontà di farsi immagine, ancora naturale, ancora sonante nel baluginio dello smalto nero. Ecco, oggi Hsiao, passato con la sua operosità tenace e silenziosa, con quel suo virtuosismo disincantato e portato e sprezzarsi nell’opera, attraverso prove successive sempre più decisive, è giunto all’esito che, solo, giustifica un intero corso d’esperienza. Oggi non è solo un bravo, e intelligente, e poetico pittore. È un pittore di turgida e strepitosa maturità.