Beuys
Beuys. Alchimia del senso, in “Alfabeta”, 78, Milano, novembre 1985
Beuys sciamano, alchimista del senso, predicatore politico, personaggio così sovrapposto alla propria opera da esserne indisgiungibile. Così la mitologia contemporanea, più propensa a celebrare che ad analizzare, ci ha inscatolato una delle esperienze più complesse e straordinarie degli ultimi decenni.

Beuys, Hogan, 1958
Solo ora, finalmente, di Beuys s’indaga il momento germinale, l’attività svolta negli anni 1949-1967, che servì all’artista per perimetrare modi e temi della questione del fare arte. Ecco così questi dipinti su carta che, insieme ai memorabili disegni esposti in una mostra itinerante nell’83, ce ne mostrano il laboratorio, i ricercari privati, e anche, probabilmente, gli aspetti di massima concentrazione. Ovvio, trattandosi di stagioni iniziali, il gioco dei riferimenti problematici. Negli anni ‘50, non tanto riguarda Beuys lo scambio con il prestigio estetico e il lavoro in estensione dell’arte americana, quanto rifiltrare l’humus complesso dada-surrealista su cui è cresciuta l’art autre, Tàpies in testa: che significa, soprattutto, identificazione dell’immagine per consistenza più che per struttura, come impronta-raddoppiamento dell’energia emotiva e corporale del soggetto, in assenza di sussulti patetici.
Mentre l’arte europea traversa questo momento come crisi, ma non dissoluzione, del formalismo, Beuys – con pochissimi altri – prende a intuire il valore autofondativo di questi coaguli e concrezioni, di queste germinazioni di materia, capaci di dar luogo a situazioni complesse di senso, nutrite di reticenze e umori sotterranei più che di accertamenti di un codice, per quanto eterodosso. Da ciò, ecco schiudersi i nessi con l’attività in seno a Fluxus, e con le più articolate e potenti operazioni che l’hanno reso celebre. Beuys innesca, sempre, un riconoscimento e una metamorfosi della materia che corrono sul filo di una radicale introversione, come in un’ “antologia del possibile” la cui chiave di volta è, di necessità, il vivere dell’artista stesso.