Vasilij Kandinskij, Sulla composizione scenica, 1912

Ogni arte ha un suo linguaggio, ovvero possiede mezzi che le sono peculiari.

Ogni arte è dunque qualcosa di concluso in sé. Ogni arte ha una vita propria. È un mondo a parte, che basta a se stesso.

Per questo, i mezzi delle diverse arti sono, esteriormente, del tutto diversi.

Suono, colore, parola.

Kandinskij, Impression III Concert, 1911

Kandinskij, Impression III Concert, 1911

Ma nel loro fondamento interiore finale questi mezzi sono assolutamente identici: il fine ultimo cancella le diversità esteriori e svela l’identità interiore.

Questo fine ultimo (la conoscenza) viene raggiunto nell’anima umana in virtù delle più sottili vibrazioni della stessa. Queste sottilissime vibrazioni, identiche nel loro fine ultimo, comportano tuttavia, in sé e per sé, moti interiori diversi che, per l’appunto, le differenziano.

La riviviscenza dell’anima, indeterminata e nello stesso tempo assolutamente determinata (la vibrazione), è il fine dei singoli mezzi artistici. Un determinato complesso di vibrazioni, ecco il fine di una singola opera.

L’arricchimento dell’anima, l’ampliamento e l’approfondimento del suo mondo, il suo crescente affinamento ottenibile attraverso il sommarsi di determinati complessi di vibrazioni, ecco il fine dell’arte.

L’arte è dunque insostituibile e conforme al suo fine. Il giusto mezzo di espressione trovato dall’artista, ecco la forma materiale della vibrazione della sua anima che egli non può fare a meno di materializzare a qualunque costo.

Se questo mezzo di espressione è realmente giusto, provoca una vibrazione pressoché identica nell’anima dello spettatore.

È inevitabile. Ma, nello stesso tempo, questa seconda vibrazione è ambigua, ossia non è determinata come la prima e si differenzia per la sua complessità.

Essa può, in primo luogo, esser forte o debole, il che dipende sia dal grado di sviluppo dello spettatore che da influenze fortuite (anima assorta). In secondo luogo, questa vibrazione dell’anima dello spettatore fa oscillare anche altre corde corrispondenti della sua anima. In tal modo l’opera d’arte eccita la “fantasia” dello spettatore che così continua a “creare” all’interno di un’opera già esistente.

Le corde dell’anima alle quali è accaduto di oscillare più spesso vibreranno quasi ad ogni oscillazione delle altre, e talvolta con una tale forza da coprire il suono di quelle sfiorate per prime: ci sono uomini in cui la musica “allegra” suscita il pianto, e viceversa.

Per lo stesso motivo i singoli effetti di un’opera producono nei diversi spettatori una colorazione diversa, sia quantitativamente che qualitativamente. La risonanza originaria non può essere completamente annullata, e continua a vivere e ad agire, sia pur in modo impercettibile, sull’anima dello spettatore.

Non esiste dunque essere umano che non sia in grado di recepire l’arte. Ogni opera in ogni sua singola parte (il mezzo di espressione) suscita in ogni uomo, senza eccezioni, una vibrazione dell’anima sostanzialmente identica a quella dell’artista. […]