Aldo Spinelli. Vero dalla copia
Aldo Spinelli. Vero dalla copia, Galleria Monopoli, Milano, sino al 5 novembre 2020
Esponente raro del versante ludico del concettuale, di cui frequenta lo snodo dei codici – verbali prima di tutto – con una predilezione particolare per le condizioni – regole, altri codici, manie – del gioco e per le sue implicazioni patafisiche, al punto che la sua realizzazione più lucida è una sorta di catalogue (non) raisonné, ma certo raisonnant, delle sue opere in forma di album di figurine collezionabili, Spinelli torna con un’esperienza ulteriore.
Materia comune è la proliferazione dei coriandoli, presenze esistenzialmente infime – sono di transeunte carta colorata, nessuno si sognerebbe di collezionarli o di farne opere – nate da un deliberato e gratuito dispendio di tempo e di fabrilità: sono migliaia, ma tutti sono stati realizzati a mano, senza che ciò aggiunga valore dichiarato e sperato.
In un caso danno vita a una coppia di realizzazioni in tutto identiche come se le tele fossero specchianti, dunque con due immagini che sono l’una in controparte dell’altra, dove nessuna delle due è la copia dell’altra. In un altro sono il ritratto della sua esistenza sintetizzato in un numero di coriandoli pari ai giorni trascorsi in vita dall’autore, come in un’autobiografia dissipata.
Spinelli fa entrare in gioco (!) implicazioni non banali, forma e funzione, caso e necessità, progetto e destino, con la sua aria da coboldo sardonico, curioso, e assai più feroce di quanto sembri. Nel clima feticistico che ci attanaglia, piace pensare al cortocircuito per cui questi lavori nullificano la propria presenza fisica dichiarando la propria ragion d’essere nell’assenza dichiarata di valore, abilità, unicità, eccetera.