Non c’è più religione, in “Il Giornale dell’Arte”, 407, Torino, aprile 2020

Tu pensa che fessacchiotti questi qui dell’Ottocento che, dovendo maneggiare nella cattedrale di San Bavone a Gand il Polittico dell’Agnello Mistico di Jan e Hubert van Eyck, cioè uno dei capolavori massimi della storia dell’arte, erano più preoccupati di Adamo ed Eva grandi al vero, nudi come Padreterno li ha fatti (niente mamma, loro), che di tutto il resto della complicata macchina simbolica messa su dai pittori. Maccome, due nudi per davvero, e dentro una chiesa, a fare da valletti al Padreterno medesimo che se ne sta al centro sul suo trono da vero monarca. Già allora qualcuno deve aver esclamato “non c’è più religione”, spendendosi forse la supercazzola che il “conobbero di essere nudi” che leggiamo nella Bibbia non aveva mica un valore letterale letterale da dover dargli proprio retta, e che quel maniaco di Jan vabbé il realismo, ma qui si era fatto prendere un po’ la mano e avrebbe potuto tirar via un po’ più di mestiere.

d'après Van Eyck, Gand

d’après Van Eyck, Gand

Risultato, il fiammingo bigotto ma pragmatico ha subito pensato che, visto che i polittici sono nati per essere smembrati come insegna la storia dell’arte che poi gioca al puzzle di rimettere insieme i pezzi, si potevano togliere via le due ante e valachevaibene, all’insegna del motto “occhio non vede, ormone non si agita”, nella convinzione di salvare dalla cecità intere generazioni. La soluzione era indubbiamente efficace. Ad ante chiuse il polittico faceva un po’ schifo, ma tant’è. Qualcuno del clan dei bigottoni però deve aver fatto notare che amputare l’opera era troppo, bastava mettere addosso ai due dei vestiti acconci e il gioco era fatto. Così, vai di sostituzione con la coppia dei progenitori in versione influencer sponsorizzati dallo Zara di allora.

Oggi è tutto diverso. Noi siamo figli della contromoda per cui abbiamo passato del gran tempo a dileggiare la genia dei Braghettoni della storia infamandoli in tutti i modi, e dunque a risarcire tutto il risarcibile delle pitture antiche. Se il duo di Gand è nudo, è nudo senza se e senza ma, e basta. Anche perché, e qui sta la novità veramente spassosa delle celebrazioni in corso dedicate al restauro fresco fresco del polittico, il fesso censore dell’Ottocento era solo fesso, ma noi siamo così tecnologicamente evoluti e intellettualmente atrofizzati da concepire vaccate ben più arzigogolate.

Dunque, quelli di Gand hanno messo su un restauro da manuale in cui si son trovati a optare tra bivii di scelta ben complicati e a snodare matasse metodologiche mica da ridere, l’han fatto da par loro e ora ce lo mostrano. Poi però sono entrati in campo i comunicatori, quelli che devono far capire tutto l’ambaradan a noi spettatori boccaloni. Il loro ragionamento è stato a un dipresso il seguente. Posto che alla gente dell’opera in se stessa non importa una cippa, facciamole giusto capire che è una cosa preziosissima mettendola dietro un vetro superblindato da “Mission: Impossible”, e poi via subito con il videogioco informatico. Qui puoi avere un’esperienza che, se vuoi, può anche diventare lisergica, contando uno a uno i peli sul muso dell’agnello, per dire, il che ha notoriamente il suo bel perché. Poi gli schermi digitali e le meraviglie elettroniche fanno il resto. Puoi affittare degli occhiali per realtà virtuale e farti i tuoi viaggi nella storia della cattedrale e del dipinto, oppure, ed è questa la genialata somma, puoi vedere cosa succede se delle coppie di oggi, scelte in modo politicamente correttissimo (quindi vecchi e giovani, etero e omosessuali, abili e disabili) si spogliano, vengono riprese nude e collocate virtualmente al posto di Adamo ed Eva di van Eyck. L’effetto più esilarante è quando le due donne commentano “Siamo due Eva”, in compenso uno dei due omo maschi è una specie di sosia dell’Adamo dipinto, e subito pensi a Duchamp che nel 1924 ha posato anche lui da progenitore, ma qui Bronja non c’è.

Non è che uno si scandalizza, beninteso. È che anche in questo caso il codice in uso è il solito. L’opera d’arte importante serve solo a essere importante, a spacciarti un carisma che guadagni solo quella cornice di rispetto “alto” alle baggianate da luna park che altrimenti non potrebbero raccontarci come culturali. Un tempo per l’arte si parlava di ricezione, qui invece siamo dalle parti della circonvenzione: il grave è che i pirloni che hanno inventato il tutto si sentono molto intelligenti e fichi, e non degli spacciatori di acidi della mente.