George Grosz, A proposito dei miei nuovi dipinti, 1921, in La nuova oggettività tedesca, Milano 2002

Tornare alla stabilità, alla costruzione, alla funziona­lità: sport, ingegneria, macchine, niente più dinamismi e romanticismi futuristi…

Grosz, Giorno grigio,1921

Grosz, Giorno grigio,1921

Sto provando ancora a dare un’immagine assoluta­mente realistica del mondo. Mi sforzo di essere com­prensibile a tutti, evitando gli abissi di profondità oggi in voga, a cui si può giungere solo indossando un vero e proprio scafandro carico di metafisica e di menzogne cabalistiche.

Nel tentativo di creare uno stile semplice e chiaro, si finisce senza volerlo per avvicinarsi a Carrà. Eppure tutto concorre a separarmi da un artista come lui, che aspira a una dimensione metafisica e affronta una pro­blematica borghese. Io cerco, nei miei lavori cosiddetti artistici, di costruire una base assolutamente realistica. L’uomo non è più un individuo rappresentato con un sottile scavo psicologico, ma un concetto collettivo, quasi meccanico. Il destino individuale non ha più im­portanza. Vorrei, come nell’antica Grecia, rappresenta­re dei semplici avvenimenti sportivi, comprensibili e godibili senza bisogno di chiose […].

Il futuro dell’arte lo vedo nell’artigianato, nelle cose fatte a mano, non nel tempio celeste. La pittura è un la­voro manuale come un altro, che può essere fatto bene o male.