Ross Hansen, in “Fragile”, 4, Milano, 2018

Ross Hansen è un prodotto della mitica Cranbrook Academy of Art di Bloomfield Hills, Michigan, non lontano da Detroit, di fatto una comunità artistica che rinnova modernizzandoli – e in chiave non ideologica – i fasti antichi di Arts&Crafts e di Bauhaus e che ha visto nei suoi laboratori autori come Eliel e Eero Saarinen, Ray e Charles Eames, Florence Knoll, Lorraine Wild, Daniel Libeskind, Hani Rashid, ma anche Duane Hanson, Richard DeVore, Tony Hepburn, Anders Ruhwald.

Ross Hansen, Marbled shelf, 2017

Ross Hansen, Marbled shelf, 2017

Ne è un prodotto eccentrico, dal momento che Hansen muove da forme d’arredo del tutto usuali, delle quali non forza gli statuti strutturali e funzionali, ma le fa nascere da un processo che appare di modellazione con una forte implicazione fabrile, come fossero frutto di una pratica compiutamente artigianale.

In realtà la sua è una riflessione più complessa. Tutti i materiali che utilizza sono tecnicamente avanzati, a cominciare dalla ceramica e dall’argilla epossidica, ma forzati a un utilizzo parzialmente improprio, che non ne valorizza la possibilità di farsi forme algide e superfici perfette, com’è nella produzione industriale di serie, ma la parentela sorgiva con le materie povere, in cui ciò che conta è l’ansia e il piacere dalla mano.

Ross Hansen, Rolled Chair, 2018

Ross Hansen, Rolled Chair, 2018

Ne è scaturito negli anni un atteggiamento che, in occasione della personale recente da Volume a Chicago, 2018, Hansen ha definito “Super Natural”, ovvero un processo deliberatamente e calcolatamente artificioso il cui fine è ritrovare le cadenze naturali, i pattern, le consistenze sensibili delle cose naturali, che riportano all’idea tenace di “that kind of beauty which is agreeable in a picture” sulla base dei quali nel ‘700 William Gilpin stabilì i “principles of picturesque beauty”, uno dei fondamenti della Landscape Architecture in cui Hansen si è formato.

La nuova convenzione del pittoresco è, qui, la nostalgia dell’impurità del fare manuale, la fascinazione della sua imperfezione: che poi essa si declini, ora, attraverso un procedimento totalmente antitradizionale, attraverso un estremo sperimentale perfettamente ripensato, è il gioco non solo intellettuale di Hansen.