Basilio Cascella. Simboli e loisirs, in “Fragile”, 1, Milano, 2018

Basilio Cascella, pescarese, cresce nella cultura di simbolo, di cui s’impregna mediandola con la sua tensione all’arte utile, al decorare, nell’eclettismo tutto italiano d’allora che ingloba e non progetta stili: non proprio l’art nouveau, ma ciò che da noi si preferisce dire liberty.

Nato pittore con propensioni all’illustrazione, nel 1917 egli apre a Rapino, non lontano da Chieti, terra antica di maiolica, una bottega ceramica in cui coinvolge i figli Tommaso, Michele e Gioacchino. È, per lui, un modo naturale di praticare un’iconografia di implicazione architettonica senza passare per la via, in quelle date ancora non delucidata, della grande pittura murale. Ed è ciò che effettivamente accade in tempi brevi. Nel 1914 si apre il cantiere delle Terme Berzieri a Salsomaggiore, cui Galileo Chini garantisce una regia decorativa di straordinario livello e l’apporto specifico della sua Manifattura fiorentina. Due anni dopo, quasi in competizione, partono i lavori per il rifacimento delle Terme Tettuccio a Montecatini, diretti da Ugo Giovannozzi, e Cascella è chiamato all’opera.

Basilio Cascella, La Bellezza, c. 1927, Terme Tettuccio, Montecatini

Basilio Cascella, La Bellezza, c. 1927, Terme Tettuccio, Montecatini

La mediazione dell’avanguardia artistica in forme spendibili nell’ambiente di vita, che caratterizza l’art déco e che in Italia viene attuata pionieristicamente da Gio’ Ponti nei primi anni venti alla Ginori – la decisiva “Exposition internationale des Arts décoratifs et industriels modernes” a Parigi sarà nel 1925 – è ancora di là da venire, ma se ne avverte già l’aroma.

Giovannozzi concepisce un’integrazione tra interni ed esterni naturali mutuata dai modelli antichi pompeiani, e non si discosta dalle radici di un classico stilizzato che di lì a poco approderà al più asciutto Novecento architettonico (Ponti, ancora, e poi Portaluppi, Lancia, Muzio, De Finetti, tra altri), ma che qui ancora gode della partitura decorativa, del fastoso inserto plastico e pittorico. In più, un edificio termale è di fatto in se stesso una grande scenografia, in cui dar luogo a vetrate d’umore non ancora schematicamente geometrico, a virtuosisimi di ferri battuti, a interventi di scultori come Corrado Vigni, Raffaele Romanelli e Guido Calori, di pittori come Ezio Giovannozzi, Giulio Bargellini e Maria Bisco, di decoratori come Aristide Aloisi, soprattutto di un valente animalier – anch’egli perfetto per il clima d’allora – come Sirio Tofanari: e anche la Manifattura Chini riveste di maiolica il tetto della cupola.

Giovannozzi concepisce un percorso, più che una visione unitaria, una pluralità di prospettive e di occasioni visive. A Cascella tocca un luogo importante, la Galleria della Mescita, che già dalla denominazione, galleria, decide dell’organizzazione della partitura decorativa alla maniera dei cicli pittorici antichi. Sopra ognuno dei punti di mescita, organizzati come altaroli d’una navata laterale di chiesa, l’artista concepisce sette grandi “pale” laiche, d’evidente concezione simbolica, raffiguranti Infanzia, Adolescenza, Maturità e Vecchiaia, intercalati da Bellezza, Forza, Fonte, che vengono messe in opera nel 1927.

Basilio Cascella, La Fonte, c. 1927, Terme Tettuccio, Montecatini

Basilio Cascella, La Fonte, c. 1927, Terme Tettuccio, Montecatini

Cascella è mediatore perfetto del clima alto della pittura di simbolo e dei portati stylés della comunicazione pubblicitaria – nato nel 1860, la sua generazione è quella di taluni grandi, da Adolfo Hohenstein a Giovanni Mataloni a Leopoldo Metlicovitz – dando una serie di immagini chiare e apertamente sensuose, con quei volti esatti memori di Paul Helleu e Raphaël Collin (i quali tra l’altro lavorano a loro volta per un altro ceramista di vaglia, Théodore Deck) e una distillata, ma ben persistente, carnalità.

Le terme, d’altronde, sono loisirs di alta qualità, e Cascella fa passare il messaggio della bellezza fisica del corpo in un luogo dove del corpo massimamente ci si prende cura.