Ettore Colla
Ettore Colla, in “Civiltà delle macchine”, 4, 1957
Arpioni, tubi, cofane, tridenti, picconi, tenaglie, scaffalature, zappe, mannaie, cardini, serrature, bulloni, perforatrici, crogiuoli, rostri, argani, ruote, verghe, lamiere, eliche, forni, mollettoni, chiodi, paletti, mazze, falci, corazze, fumaioli, elmetti, antenne, catene, ancore, ganci, tralicci, forchettoni, pulegge, morse, mortai, gru, rotaie, roncole, pale, benne.
Dinanzi a questo mondo dissepolto, disgregato, aperto alle più gelide verità, mi è nata l’idea di realizzare le immagini che vedete e trasferii allo studio i pezzi ritenuti idonei al mio lavoro, di provvedere all’ innesto di elementi che venivano a formare, nella loro composizione, personaggi e simboli noti e sconosciuti.
Il mio studio è facilmente scambiabile con uno dei tanti magazzini che incettano gli stessi detriti di cui mi servo. Un vero e proprio deposito di ferrivecchi, chiassoso, talvolta perfino assordante, dall’aria irrespirabile, dovuta anche alle esalazioni delle saldatrici e intorpidita da tutto un pulviscolo fastidiosamente rugginoso e intollerabile. Riesco a uscirne solo quando la necessità mi spinge a trovare altrove ciò che lì manca.