Ingres et ses élèves
Ingres et ses élèves, Paris, École nationale supérieure des Beaux-Arts, sino al 28 aprile 2017
Degas prende lezioni da un bravo accademico, Louis Lamothe, allievo non secondario di Ingres. Ingres stesso guarda i suoi disegni e gli raccomanda: “Giovanotto, mai dal naturale. Sempre a partire dal ricordo e dalle incisioni dei maestri”: e quando Degas gioca alla fotografia inventa un tableau vivant in cui rende omaggio all’Apoteosi di Omero.
L’onda lunga del magistero di Ingres inizia a partire dalla cerchia dei suoi allievi migliori, Amaury-Duval e Chassériau, Besnard e Flandrin, Charpentier e Ziegler, Cornu e Bertin, tra gli altri. Essi fanno a loro volta scuola, dal momento che la trasmissione del sapere del disegno è ingrediente essenziale dell’idea di classico di Ingres, capostipite di quella che vien chiamata “école du sec” perché l’apparato concettuale del maestro si traduce, giù per i rami, in repertorio normativo pedante, che solo in pochi casi supera la genericità.
La mostra è d’indagine e di patrimonio, dunque totalmente antispettacolare, ma ben sedici fogli di Ingres ne documentano l’officina vera, ovvero il percorso d’invenzione e d’elaborazione prima che si stabilisca in forma, e il disinteresse effettivo per l’ideologia davidiana del classico, a partire dall’appropriatezza anatomica ch’egli stesso avverte come forma subdola di eteronomia.
Né va scordato che l’imprinting decisivo di un artista come Seurat viene da un altro seguace ingresiano, Henri Lehmann, e proprio questo riferimento primario è ciò che per molto tempo fa fraintendere la modernità del genio neo-impressionista da parte di coloro – ma non da parte degli artisti più giovani – che lo considerano un epigono dell’école du sec: ciò che è secco è in loro, è la capacità di leggere la pittura.