Piero Manzoni, Alcune realizzazioni – Alcuni esperimenti – Alcuni progetti, in “Evoluzione delle Lettere e delle Arti”, n. 1, Milano, gennaio 1963

I miei primi “achromes” sono del ’57: in tela imbevuta di caolino e colla; dal ’59 il raster degli “achromes” è costituito da cuciture a macchina. Nel ’60 ne ho eseguiti in cotone idrofilo, in polistirolo espanso, ne ho sperimentati di fosforescenti, ed altri imbevuti di cobalto cloruro che cambiano colore col variare del tempo. Nel ’61 ho continuato con altri ancora in paglia e plastica e con una serie di quadri, sempre bianchi, in pallini di ovatta e poi pelosi, come delle nuvole in fibre naturali o artificiali. Ho anche eseguito una scultura in pelle di coniglio. Nel 1959 ho preparato una serie di 45 “corpi d’aria” (sculture pneumatiche) del diametro massimo di cm 80 (altezza, colla base cm 120); l’acquirente, qualora lo voglia, può acquistare, oltre all’involucro ed alla base (chiusi in apposito piccolo astuccio) anche il mio fiato, da conservare nell’involucro stesso.

Manzoni, Linea lunga 7200 m, 1960

Manzoni, Linea lunga 7200 m, 1960

Nello stesso periodo ho progettato per un parco un gruppo di corpi d’aria (sempre sferici) del diametro di circa m 2,50: mediante un dispositivo di compressione dell’aria, pulseranno con un lentissimo ritmo di respirazione, non sincronizzato (esemplari sperimentali, con involucri di piccole dimensioni nel 1959).

Basandomi sullo stesso principio ho anche proposto, per un’architettura, un soffitto ed una parete pneumatico-pulsante. Ancora per un parco avevo pensato ad un boschetto di cilindri pneumatici allungati come steli, che avrebbero vibrato sotto la spinta del vento (nello stesso progetto altri altissimi steli d’acciaio, per effetto del vento, avrebbero suonato).

Per l’aperto, ho studiato (’59-’60) una scultura a movimenti autonomi. Quest’animale meccanico sarà indipendente, perché trarrà il suo nutrimento dalla natura (energia solare); di notte si fermerà e si rattrappirà su stesso; di giorno si sposterà, emetterà suoni, raggi, antenne, per cercare energia ed evitare ostacoli; si potrà inoltre dargli la facoltà di riprodursi.

Nel ’60 ho realizzato un vecchio progetto: la prima scultura nello spazio: una sfera sostenuta sospesa da un getto d’aria. Basandomi sullo stesso principio ho poi lavorato a dei “corpi di luce assoluti”, sferoidi che, sostenuti dal getto d’aria opportunamente orientato, giravano vorticosamente su se stessi creando un volume virtuale.

All’inizio del ’59 ho eseguito le mie prime linee, prima più corte, poi sempre più lunghe (metri 19,11, metri 33,63, metri 1000 ecc…): la più lunga che io abbia eseguito finora è di 7.200 metri (1960, Herning, Danimarca). Tutte queste linee sono chiuse in scatole sigillate.

Vorrei anche tracciare una linea bianca lungo tutto il meridiano di Greenwick.

Nel 1960 nel corso di due manifestazioni (Copenhagen e Milano) ho consacrato all’arte imponendovi la mia impronta digitale, delle uova sode: il pubblico ha potuto prendere contatto direttamente con queste opere inghiottendo un’intera esposizione in 70 minuti.

Dal ’60 vendo le impronte dei miei pollici, destro e sinistro.

Nel 1959 avevo pensato di esporre delle persone vive (altre morte volevo invece chiuderle e conservarle in blocchi di plastica trasparente): nel ’61 ho cominciato a firmare, per esporle, delle persone. A queste mie opere do una carta d’autenticità. Sempre nel gennaio del ’61 ho costruito la prima “base magica”: qualunque persona, qualsiasi oggetto vi fosse sopra era, finché vi restava, un’opera d’arte. Una seconda l’ho realizzata a Copenhagen. Sulla terza in ferro di grandi dimensioni, posta in un parco di Herning (Danimarca, 1962) poggia la terra: è la “base del mondo”.

Nel mese di maggio del ’61 ho prodotto e inscatolato 90 scatole di “merda d’artista” (gr. 30 ciascuna) conservata al naturale (made in Italy). In un progetto precedente intendevo produrre fiale di “sangue d’artista”.

Dal ’58 al ’60 ho preparato una serie di “tavole d’accertamento” di cui 8 sono state pubblicate in litografia, raccolte in cartelle (carte geografiche, alfabeti, impronte digitali…).

Per la musica, nel 1961, ho composto due “Afonie”: l’afonia Herning (orchestra e pubblico), l’afonia Milano (cuore e fiato).

Attualmente (’62) ho in fase di studio un “labirinto” controllato elettronicamente, che potrà forse servire per test psicologici e lavaggi del cervello.