Alla faccia! In ginocchio da te

“L’allestimento del Cristo morto di Mantegna isola e distanzia il dipinto per consentire la corretta visione della particolare forzatura prospettica e cromatica che lo caratterizza. I dolenti raffigurati a sinistra, pensati in una visione reale in posizione inginocchiata, impongono una posizione ribassata rispetto alle altre opere del museo”. Così il volantino che ti consegnano insieme al biglietto d’ingresso gli addetti, orgogliosi della strabiliante novità.

Dunque, han chiamato Ermanno Olmi ad allestire il Cristo morto a Brera (ormai van forte i registi, gli scenografi, i datori luci: nei musei il marasma identitario è evidentemente totale) e ne sono scaturite due pensate stupefacenti: metterlo in relazione alla Pietà di Giambellino, che era suo parente (ciumbia, che carrambata), e appenderlo a tre spanne da terra. Per di più in penombra, e con la solita luce di moda oggi che fa sembrare i quadri delle diapositive, giusto per stare alla nostalgia dello schermo.

Il quadro ad altezza ginocchio. Il gobbo di Notre Dame apprezzerebbe, un bimbo di tre anni forse anche, posto che gli importi.

E per questo po’ po’ di genialata occorreva scomodare il celebrato maestro. Al quale, dopo decenni di finzioni e di frames, non è ancora venuto in mente che le figure dentro il quadro possono stare come gli pare, ma per noi della vita vera guardare un quadro genuflessi continua a essere una possente vaccata. Se era una cosa furba, sta’ pur tranquillo che nelle chiese lo facevano da un bel po’.

Quadri capovolti, messi con la tela al muro e il telaio in vista, sghembi, di taglio, penzolanti nell’aere… Certo che far la cosa originale è sempre più dura. E poi, “la corretta visione della particolare forzatura prospettica”: ma mi faccia il piacere!