Il Piccio
Il Piccio nella raccolta Piero Chiara, in Giovanni Carnovali il Piccio. I disegni della raccolta Piero Chiara, catalogo, Musei Civici, Sala Veratti, Varese, 22 settembre – 29 dicembre 1996
Piero Chiara, raccontatore egregio del nostro tempo, uomo curiosissimo, nel corso della sua lunga opera intellettuale ha dedicato attenzioni non sommarie alla cultura artistica. Amico e compagno di via di pittori come Guttuso e Gentilini, ha lasciato pagine argute e indimenticabili intonate alla miglior tradizione elzeviristica, che possono ora rileggersi nella bella raccolta curata da Federico Roncoroni I miei amici artisti.
Tutto ciò era ben noto, almeno a coloro che seguissero l’attività di poligrafo en souplesse di Chiara. Meno nota era, invece, la sua passione collezionistica: per meglio dire, la sua monomaniacale passione collezionistica. Essa si esplicò infatti, nel corso di decenni, raccogliendo con amore sistematico i disegni di Giovanni Carnovali, il Piccio, figura eccellente del nostro Ottocento, genio scapigliato anticipatore dei migliori frissons dell’avanguardia.

Il Piccio, Le figlie di Lot, 1870-1872
Perché il Piccio? Certo, in prima istanza, per la comune radice varesina. Di Montegrino, benché poi di formazione bergamasca e cultura milanese, era il Piccio; e cantore, ironico e amorevole, di queste plaghe era Chiara. Ma, più, per una assai maggiomente convinta e motivata identità culturale, quella di una lombardità schiva di provincialismi e orgogli beceri, la stessa di cui sono stati acuti indagatori anche taluni illustri compagni di vita dello scrittore, l’Isella studioso insigne di Porta e Gadda, il Testori riscopritore, lungo la via indicata da Longhi, dei “pittori della realtà in Lombardia”. Il Piccio incarna esemplarmente queste frequenze culturali. La formazione nella cerchia neoclassica appianesca, con quel segno da subito svuotato di lucidezze algide da parata in virtù di addolcimenti leonardeschi; le triangolazioni grandi con una tradizione di cromosomi non scontati, Correggio in testa, e con le grandi figure del tempo, a partire dal fremere accigliato dei fogli di Delacroix; la maestria in una Milano fervida che si sapeva, allora, davvero capitale, in grado di far da coltura della montante tradizione nuova, che sarà dei Ranzoni e dei Cremona, dei Previati e dei Tallone, su su sino alla mutazione estrema del giovane Boccioni…
Chiara ne dice, con buona ragione, che “fu quasi certamente il più grande pittore dell’Ottocento italiano e sicuramente il maggiore degli artisti lombardi di quel secolo”. E ne scrive almeno a partire dal 1952, recensendo in “Il contemporaneo” la mostra retrospettiva che si tiene a Varese, in Villa Mirabello, per poi passare a Bergamo.
In quel pezzo, già mette in guardia dalla rivendicazione “della origine fisica del Piccio” così come da “quella che si affida alla retorica e seducente teoria di una discendenza artistica che risalirebbe addirittura ai Comacini lungo i fili della suggestione ambientale”: altro è lo spettro di riverbero dell’identità culturale ed espressiva che coglie nel pittore, e proprio nelle prove maggiori del Piccio, le disegnative, e non solo scrivendo, ma anche collezionando, Chiara decide di auscultarlo.
Giunge a raccogliere 143 fogli, molti dei quali di bellezza stupefacente, tutti egualmente importanti – anche gli schizzi minimi – per cogliere il crampo espressivo e affettivo di quel gesto, che fonde “insieme sentimento e passione, dolcezza e veemenza”. Addirittura cura ben due pubblicazioni, insieme all’amico Marco Valsecchi, che ne riportano nuclei significativi, e dalle quali è tratta la Vita che in questa occasione si ripubblica.
Taluni di questi disegni sono rimasti fino ad oggi inediti. Altri sono, invece, celeberrimi, passati per mani come quelle del Caversazzi, il massimo studioso dell’opera del Piccio, oppure di proprietari i cui nomi hanno fatto la storia del collezionismo tra Ottocento e Novecento. Concependo questa mostra, si è deciso di non farne l’occasione filologica di studio e di restituzione storica di tali materiali. Essi, da ora, entrano a far parte del patrimonio dei Musei varesini, e ogni studio approfondito ne sarà agevolissimo.
Si è ritenuto doveroso, invece, mettere a fuoco il rapporto d’amore che ha legato Piero Chiara e il Piccio: un rapporto che si è tradotto in uno dei più notevoli episodi di storia del collezionismo degli ultimi decenni.
Nota bibliografica. Gli scritti di Piero Chiara sul Piccio si leggono ora raccolti in I miei amici artisti, a cura di F. Roncoroni, Nicolini, Varese, 1994. Il saggio La vita e l’opera di Giovanni Carnovali detto il Piccio, qui ripubblicato, è tratto da P. Chiara (a cura di), Disegni di Giovanni Carnovali detto il Piccio, con un saggio di M. Valsecchi, Scheiwiller, Milano, 1968, ripreso in seguito in P. Chiara (a cura di), Nuovi disegni di Giovanni Carnovali detto il Piccio, con un saggio di M. Valsecchi, Scheiwiller, Milano, 1969.